Scenario Uno: Renzi batte a braccio di ferro l’Arcibefana delle maestranze organizzate e si limita ad abolire l’Art.18: l’indice di popolarità sale moderatamente. Tutto il resto, come prima.
Scenario Due: Renzi fa arrestare in massa i duri del sindacalismo e li deporta in Nigeria, per di più impegnandosi a non pagare riscatto in caso di rapimento Boko Haram. I sindacati, soppressi. Risultato: Renzi è divinizzato a furor di popolo (‘Santo subito’), rinasce il culto romano dell’Imperatore.
Di fatto il culto l’aveva prefigurato Alessandro il Macedone, facendosi identificare col Dio Ammon/Zeus dai sacerdoti egizi. Ma il primo sovrano-dio dei Romani fu Cesare Ottaviano, l’Augustus (‘Colui che accresce la prosperità collettiva’). Il culto di Matteo sarà razionale, moderato. Salvo i casi aberranti di hubris/paranoia, tipo Caligola e Commodo, i romani non veneravano l’Imperatore se non pragmaticamente: perché assicurasse felicitas allo Stato più che agli individui, nella vita terrena non in quella celeste.
Se ci libererà per sempre dai sindacati, Matteo immortale riceverà il culto divino, come a Roma caput mundi: genuflessioni, incensi, ceri, intense liturgie di riconoscenza. Soli miscredenti e bestemmiatori, i 3000 licenziati in violazione dell’Art.18, più una parte della vecchia guardia podagrosa (bersaniana-dalemiana) e dei giovani antichi. In Nigeria la Camusso sposerà Cuperlo, ma l’unione di fatto non reggerà alle prove dell’incontinenza terza età.
E’ vero, molti si attenderanno troppo dalle frotte di investitori che affluiranno da tutti gli Stock Exchange del mondo globalizzato. Si fa presto a dire investimenti. La crescita è una Fata Morgana, faremmo bene a farcene una ragione. La sparizione dei permessi sindacali non basterà a risolvere i problemi che fanno la vita grama.
Però prevarrà la gioia della liberazione. Non più le deprimenti marce di cassintegrati ed ex-maestranze in mantellina rossa, fischietti, fustini di lubrificante sublimati a tamburi della lotta; non più insulsi cortei per pretendere l’impossibile: che le fabbriche uccise dalla concorrenza asiatica, persino mozambicana e slovacca, vadano avanti a pagare salari, a rispettare conquiste e diritti.
Va da sé, il divo Matteo dovrà fare per intero il lavoro della divinità provvidenziale. I sindacati andavano annichiliti, in quanto correi in tutto il mondo dell’ingigantimento dei divari sociali, One per cent contro tutti. Contestualmente alla cancellazione delle “lotte”- vittoriose quando le vacche erano grasse, sbaragliate da oggi in poi- Matteo immortale, in quanto partner di un grande disegno di salvezza, abolirà for good il rapporto Datore-Prestatore di lavoro. Trasformerà tutte le imprese (negozietti e mezzadrie rurali escluse) in cogestioni quasi paritarie. Le maestranze conteranno eccome: parteciperanno alla proprietà e al management, con quote da un decimo alla metà secondo gli apporti, i ruoli, le situazioni. Resi in molti modi comproprietari, corresponsabili della sopravvivenza e delle fortune dell’azienda, i lavoratori linceranno chi tenterà di resuscitare le lotte e i diritti. Dovranno aguzzare l’ingegno, darsi da fare perché si producano beni e servizi richiesti dal mercato, non alluminio sardo. Dopo un calvario di sforzi le fabbriche superflue saranno lasciate morire: alle famiglie assegno di pura sopravvivenza, non di difesa della cantinetta simil-borghese e delle vacanze in B&B.
Per aiutare i lavoratori orfani dei sindacati a diventare soci dei capitalisti, Renzi divinizzato confischerà le grandi fortune, taglierà il decuplo di quanto ha cominciato a fare. I dipendenti delle Camere saranno pagati come parroci di campagna. Il Quirinale e gli altri palazzi del prestigio, chiusi e venduti agli asiatici. Il Pil e la prosperità di massa scemeranno parecchio, ma parsimonia e ristrettezze faranno bene a tutti, ci risaneranno del consumismo.
Queste e molte altre felicità se, cancellando le Unions e disdetto il patto del Nazareno, il divo Renzi si farà adorare come un imperatore romano.
Porfirio