Andare all’estero a combattere, persino a morire, per nobili cause altrui è una bella tradizione che ha vivificato e fatta più amabile la storia contemporanea. Lasciando stare Giuseppe Garibaldi e altri sommi, ricordiamo il nostro impavido conte Santorre di Santarosa: scrisse “Delle speranze degli Italiani”; falliti i moti piemontesi del 1821 visse poveramente in esilio; nel 1824 si imbarcò per la Grecia in lotta ; dette la vita l’anno dopo in uno scontro a Sfacteria. L’anno prima era morto a Missolungi Lord Byron: il suo slancio era di procombere per gli Elleni, però si spense di malattia. Aveva 36 anni, ed essere malati a Missolungi, allora, era da eroi veri.
Infiammati dall’esempio di questi martiri, alla vigilia del referendum del 5 luglio accorse all’Acropoli una comitiva di ‘foreign fighters’ nostri connazionali, alcuni coll’arme in pugno altri meno. Prevalevano i dissidenti e i fuorusciti del Pd, ma non mancava il capofila Sel, Vendola (non sappiamo se col suo promesso sposo canadese), più altri lottatori , p.es. salviniani e M5S- molto meno esangui degli opliti del governatore pugliese. Accorsero, non tanto per prestare il braccio alla difesa dei debitori insolventi del mondo, quanto per partecipare alla Sagra della Rivoluzione indetta dal demoniaco YanisVaroufakis.
Fotografi e paparazzi hanno immortalato per i posteri i volti festanti e, idealmente, i fiaschi di vino celebrativo dei gitanti di piazza Syntagma. Un tripudio smisurato: generazioni di sconfitte, cancellate dalle urne del 5 luglio. Giungeva finalmente l’ora del riscatto da amarezze e da cachinni: chi non usava deridere i gruppuscoli di sinistra? Invece eccoli vendicati dalle Parche nell’ora stessa che il Blair italiano, un ex-borgomastro di scarne letture di classe, si credeva dominus del governo e del Pd. I giorni ateniesi sono stati vivificanti per i nuovi Byron e i nuovi Santarosa calati in Grecia per ululare la loro fame di sinistra, per inneggiare al piccolo paese che il potere spettante ai pacchetti azionari li trasferisce ai cittadini. La Grecia è il Davide che fronteggia Golia. Che alle regole del mercato ha lo stomaco di opporre la legge delle urne. Basta con le imposizioni del capitale e della partita doppia. D’ora in poi la legittimità la definiscono le mani coi calli. Banchieri e cassieri si inchinino.
Altrettanto inebriante fu, poco meno di un secolo fa, il gioioso happening dannunziano della Reggenza del Carnaro. Meglio ancora che dalle alate orazioni del Comandante, l’avventura fiumana fu cantata dalle testimonianze minori quali “La quinta stagione” di Leo Kochnitzky, l’intellettuale russo che per qualche mese fece il “ministro” del Comandante. “La quinta stagione” attestò che l’esperienza fiumana, al di là dei trastulli e dei ludi trasgressivi, fu anche un serio tentativo di asserzione anticonservatrice, sia pure insidiata dall’estetismo, inguaribile malattia del secolo: “La Carta del Carnaro è l’invenzione suprema di due generazioni di parnassiani, di simbolisti, di seguaci di Ruskin, di seguaci di Wilde. Il naturale sbocco di 60 anni di biblioteche, collezioni, musei”. In realtà il legionario intellettuale slavo confermò che il d’Annunzio fiumano era essenzialmente antiborghese: “La sua Città del Sole, il suo progetto utopico, era l’antitesi di ogni tipo conosciuto di ideologia democratico-borghese”.
Ecco, l’Atene del 5 luglio 2015 è stata dall’alba al tramonto la Fiume di Fassina, Civati e Vendola: coronata da travolgente successo all’apertura delle urne, ma già il dì dopo pugnalata dall’assassinio sacrificale di Varoufakis, satanico capovolgitore della scienza delle finanze. Per qualche ora la comitiva dei contestatori dell’ordine Bundesbank sentì che la storia virava dalla sua parte; vendicava le perenni disfatte dell’ipersinistra dei quasi nessuno, abbonata a Libération e al Manifesto. Finalmente un paese stordito dall’appartenenza plutocratica si ergeva solo e vindice contro il Sistema. Si sarebbe fatto guida e punta di diamante di un movimento mondiale liberato dai ceppi confindustriali.
Non è durata molto la letizia di sinistra. Nulla di somigliante alla gloria dell’occupazione delle fabbriche (1920), quando il Lenin sardo Antonio Gramsci poté brevemente annunciare che il proletariato aveva conseguito l’egemonia e avviato la Rivoluzione; quando le bandiere rosse garrivano; quando l’arcisabaudo Giolitti sfotteva Giovanni Agnelli offrendogli di debellare coll’artiglieria l’occupazione operaia della Fiat. Quelli furono giorni irripetibili: benché la predicazione gramsciana non apparisse molto credibile come lievito dell’insurrezione di popolo. E’ il destino delle minoranze dei quasi-nessuno.
Tuttavia i nuovi Santorre di Santarosa, i neo-fiumani del 5 luglio, non devono disperare. Se da loro il trionfo della democrazia greca, balneare-velica, non ha ricevuto supporti né puntelli; se la presenza a fianco degli Elleni di Civati con Fassina conta ancora poco rispetto ai bonifici bancari di Dijsselbloem, Lagarde e Draghi, la comitiva accorsa da Roma e da Bari ne ha ancora di frecce ai suoi archi!
La più infallibile, pari ai dardi di Odisseo contro i Proci a banchetto, è la mobilitazione antifascista delle brigate internazionali, come nel 1936 spagnolo. Accorsero combattenti sdegnati dal mondo intero. La Gran Bretagna, che mangiava cinque volte al giorno e possedeva colonie in tutti i continenti, mandò in Spagna pattuglioni di futuri letterati marxisti. Persino gli Stati Uniti fornirono drappelli di comunisti yankee, carezzati dalle simpatie di Anna Eleanor Roosevelt, quinta cugina e consorte di Franklin Delano, nata e sposata nei miliardi ma convintamente radical-chic. E’ in questa direzione -le brigate internazionali- che gli arditi della sinistra-che-non-perdona devono guardare per abbattere il Reich finanziario. Contro l’indignazione dei pensionati salonicchesi, cosa potranno, sulla distanza, i banchieri di Francoforte se alla testa di detti pensionati si metteranno i Nuovi Byron?
Stalin sbagliò a chiedere quante erano le divisioni del Papa. Voi cinici e scettici blu, non chiedete il numero delle divisioni di Varoufakis: egli ha di meglio, ha le brigate di Fassina & Vendola.
Porfirio