Volete una figura di capitano d’industria quasi opposta al tycoon tipico dei nostri giorni, tutto mondanità, barca, machiavellismo, intrinsichezza coi politici e coi media? Ecco Vittorio Sella (1859-1943). Quando non era di turno alla guida del nostro maggiore gruppo laniero -il Biellese poco dopo l’Unità contava 94 stabilimenti lanieri- questo Sella scalava le montagne più alte del pianeta: dalle Alpi sovrane al Caucaso centrale (dodici cime più alte del Bianco), dal Himalaya al Ruwenzori. Soprattutto fotografava quelle montagne. Vittorio Sella è il pioniere e il maestro della fotografia di vette e ghiacciai invernali.
Era figlio di Giuseppe Venanzio Sella, fratello di Quintino, l’ordinatore delle finanze del nuovo regno d’Italia. Venanzio era in proprio fotografo di rango, teorico e tecnico della nuova arte. Nel 1856 aveva pubblicato, sempre il padre del Nostro, un vero trattato ad hoc, presto tradotto in tedesco e in francese. Poi Venanzio era stato assorbito fino in fondo dall’impegno di sviluppare e trasformare l’impresa familiare. E quando si era profilato il laticlavio -così si indicava allora un seggio nel vitalizio Senato del Regno; laticlavio era stato l’orlo purpureo della tunica dei senatori romani antichi), Venanzio aveva implorato il fratello importante in politica: “Fai quanto puoi onde che io non sia proposto. Ciascuno al suo posto. Il mio posto è a fare onestamente il negoziante”. Ce li immaginiamo Tronchetti Provera o Della Valle che si definiscono negozianti?
Notare che anche il fratello Quintino, il capo della vecchia destra piemontese, nutriva uno speciale interesse per la ‘bellissima arte’ della fotografia. Nel 1851 progettava di impiantare una dagherrotipia. Quanto alla montagna, basti dire che nel 1863 fondò il Club Alpino Italiano.
Se i Sella, dinastia di imprenditori aperti al progresso, si mettevano alla testa delle iniziative nel comparto fotografico, va detto che una dozzina di maschi della famiglia erano tra i protagonisti della seconda generazione dell’alpinismo italiano. Nel 1882 un Alessandro conquistò il Dente del Gigante; due anni dopo ascese il Lyskamm per la cresta sud, con un figlio di Quintino. Ciascun Sella voleva meritarsi i galloni di rocciatore: alpenstock e nessun indumento tecnico, bensì una vecchia giacca di città; a volte un sacchetto sulla faccia per proteggere la pelle (due buchi per gli occhi, uno per la bocca). Naturalmente si guadagnò prestissimo i galloni Vittorio, che qui additiamo come l’opposto diametrale del tycoon negativo.
Alla morte prematura di Venanzio la vedova e Quintino il ministro decisero di inserire il ragazzo nell’azienda, interrompendo gli studi liceali e intraprendendo quelli della Scuola professionale di Biella, naturalmente fondata dai Sella. Lo zio statista andrà avanti a lungo a incoraggiare Vittorio sulla strada dell’alto alpinismo invernale, della fotografia pionieristica, dell’esplorazione di cime, ghiacciai e valli in paesi spesso inesplorati.
Nel 1889, dopo una serie di conquiste oltre i 4000, e dopo avere compiuto sulla Dufour la prima invernale nella storia dell’alpinismo, Vittorio si fa conquistatore e, con le sue straordinarie panoramiche, glorificatore dei giganti del Caucaso (scala anche l’Elbruz, metri 5629), del Nepal, del Sikkim, del Karakoram. Finché nel 1897 si apre il sodalizio alpinistico e l’amicizia con Luigi Amedeo di Savoia, l’esploratore una cui spedizione ha raggiunto i 7498 metri, massima altitudine allora mai toccata dall’uomo. Il duca degli Abruzzi frequenta casa Sella.
Vittorio in seguito capeggia o partecipa a imprese in Alaska e al Ruwenzori: per questa spedizione africana deve pagare tra 300 e 400 portatori; la spesa lo angoscia. Si avvicina ai luoghi più remoti soprattutto con viaggi ferroviari -terza classe- che durano settimane. Le testimonianze umane più emozionanti le porta dal Caucaso centrale. Ritrae pastori, briganti, signori di vallate, rustici patrizi alpestri. Fa conoscere al mondo grossi villaggi dove si contano fino a 90 superbe casetorri di architettura antica. Una severa principessa a Mazeri (Soanezia), fotografata tutta in nero sul suo trono, sembra l’ava di Medea abbandonata da Giasone. Lo straordinario opus delle immagini e dei testi sugli abitanti del Caucaso, pubblicati più volte, fanno di Vittorio Sella anche un etnografo e un antropologo, in definitiva uno scienziato.
Scalò tante delle vette più alte della terra che i medici gli trovarono la parte alta dei polmoni insolitamente larga (quello che chiamiamo il “fisico bestiale”!). Affrontò fatiche e pericoli che non tutti i massimi alpinisti del nostro tempo conoscono. Esplorò e contribuì a cartografare regioni quasi sconosciute, fianco a fianco di due dei suoi tessitori biellesi.
Ci fermiamo. Forse siamo riusciti a tratteggiare un contro-tycoon del passato. Si meritò la prominenza sociale the hard way, non concedendosi alcuna debolezza. Più ancora alcun edonismo.
Profirio